quella geografia fatta di piccoli centri di montagna tra l’Umbria, il Lazio, le Marche e l’Abruzzo, alcuni dei quali completamente distrutti.
Del terremoto del centro Italia non parla più nessuno. Eppure tutto è cambiato e quasi nulla è tornato ad essere come prima, in quell'Italia remota fatta di piccoli centri. Uno scrittore e un fotografo raccontano quell'Italia nascosta, ormai lontana dai riflettori della tv. Paesaggi feriti, strade abbandonate, comunità provvisorie. Raccontano il loro viaggio durato otto mesi dentro il cratere, rinnovando la pratica del reportage, che in Italia ha prodotto libri indimenticabili, a cominciare da Un paese di Cesare Zavattini e Paul Strand.
Angelo Ferracuti e Giovanni Marrozzini attraversano le zone rosse, dove tutto improvvisamente è cambiato nella vita d’intere comunità che per secoli hanno vissuto in simbiosi con la natura. Ma raggiungono anche le frazioni più remote, si spingono dentro il cuore della montagna attraversando luoghi di rara bellezza. Raccontano i paesaggi feriti, le strade abbandonate, le comunità provvisorie fatte da chi è rimasto e cerca di sviluppare strategie di sopravvivenza per non arrendersi alla malora. Lo fanno in modo naturale usando al minimo i mezzi espressivi.
Ne viene fuori un racconto onesto nell’intersezione tra parola e immagine, dove la condizione umana vive un profondo spaesamento, tra esodi nelle strutture alberghiere della riviera adriatica e forme di resistenza.
Un’epica minore nelle vite di Evaristo, che ha spostato le sue capre a valle, Daniele Testa, agricoltore e allevatore nella piana di Castelluccio di Norcia, il Cesetti, abile raccontatore delle macerie di Amatrice, il vecchio pastore Ezio Pierantozzi che abita in una roulotte a Nottoria, Francesca Leli, la pastora di Mascioni, il monaco Tadeusz Wrona, che vive solo nell’eremo di San Fiorenzo, incastonato dentro la montagna, l’uomo più vicino alla faglia.
Con il libro "Gli spaesati", che LiberEtà ha pubblicato insieme alla Casa editrice Ediesse, Angelo Ferracuti e Giovanni Marrozzini, ci consegnano un reportage d'altri tempi in cui risuona brillante e piena di speranza un'Italia diversa e poco conosciuta. Un’Italia nascosta e più vera, cuore antico della nazione, che prima del terremoto sembrava non esistere.