Anteo Alleva, di soli 17 anni il più giovane del gruppo, Pio Bartolini, soldato ventunenne, Francesco Colaiuda, 18 anni, Fernando Della Torre, 20 anni, Berardino Di Mario, 19 anni, Bruno D’Inzillo, 19 anni, Carmine Mancini, 19 anni, Sante Marchetti, 18 anni, Giorgio Scimia, 18 anni (e con loro Stefano Abbandonati e Umberto Aleandri, membri del gruppo e fortuitamente scampati alla fucilazione) sono l’emblema dell’Aquila democratica e antifascista.
Bruno D'Inzillo era figlio di un colonnello dell'esercito, aveva da poco terminato gli studi liceali e desiderava iscriversi alla facoltà di Medicina. Aveva scritto una raccolta di versi dal titolo "Retoriche cosmiche"; Fernando Della Torre era originario di Sulmona e apparteneva ad una famiglia di origini ebraiche. Diplomato all'Istituto tecnico industriale, era rimasto orfano dei genitori e aveva trovato un impiego; Giorgio Scimia era uno studente dell'ultimo anno dell'istituto Magistrale e sognava di diventare aviatore; Carmine Mancini era il più caro amico di Bruno D'Inzillo e, come lui, scriveva poesie e si accingeva a iscriversi alla facoltà di Medicina; Bernardino Di Mario frequentava l'Istituto tecnico industriale, fu l'ultimo a morire poiché non venne ucciso subito dalla scarica di fucili.
Dopo l'8 settembre del 1943 si erano uniti ai gruppi partigiani che combattevano le truppe di occupazione tedesche. Per sfuggire ai rastrellamenti si erano rifugiati sulle montagne nei pressi di Collebrincioni. Il contingente tedesco riuscì però a catturarli, a seguito di una delazione. Dopo essere stati condotti nella caserma Pasquali i nove giovani furono costretti a scavarsi la fossa e fucilati. Nessuno informò le famiglie e, solo dopo la liberazione della città dell'Aquila, avvenuta il 13 giugno del 1944, i loro corpi furono rinvenuti e le loro spoglie pietosamente ricomposte all'interno della scuola elementare "De Amicis", dove ricevettero il silenzioso e commosso omaggio della cittadinanza.
Fulvio Angelini, Anpi L'Aquila: "Oggi, dopo 74 anni, non vogliamo ricordarli solo per il loro eroismo. Vorremmo che la loro storia fosse tradotta in attualità, perché oggi c’è un enorme bisogno di trasferire il loro coraggio e le loro idee alla quotidianità di tutti i giorni, in una rivolta morale e civile alle ingiustizie, in un impegno moderno per i diritti e le libertà. Quella che è stata la Resistenza, quello che è stato l’antifascismo, oggi diventano le lotte degli studenti per avere scuole sicure, per la cultura e la formazione, per diventare cittadini del mondo; è l’impegno per il diritto al lavoro; sono le iniziative di accoglienza e solidarietà verso i profughi e i migranti; sono le azioni di volontariato verso i più deboli, verso l’ambiente e la natura. Sono, in tante parti del mondo, le manifestazioni per la libertà di stampa o l’indipendenza della magistratura. Sono le spinte al disarmo ed a riconvertire l’economia a scopi civili. Sono le lotte antirazziste e contro i “muri” perché dobbiamo saper stare nelle periferie sociali e governare l’integrazione, non emarginare i più deboli". Per tutto questo, "servono esempi nuovi, comportamenti e stili di vita, servono linguaggi e codici che parlino alle persone e in primo luogo ai giovani. Se sapremo fare questo la storia dei Nove Martiri aquilani sarà sempre più bella e proiettata al futuro. Credo che questo sia il modo migliore per onorarli".