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Il Centro 27 aprile 2012 - Per Angela Scottu, della segreteria regionale Cgil, è «urgente il confronto con le parti sociali sul piano di riorganizzazione della residenzialità e semiresidenzialità per disabili ed anziani, predisposto dalla Regione». E pone dieci domande al commissario e al sub commissario alla sanità, Gianni Chiodi e Giovanna Baraldi.

Nuove politiche dell'abitare. Se n'è parlato a Pescara in un convegno organizzato da Cgil, Fillea, Spi e Sunia.

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LA STORIA

Nasce la Fip

Tra il 5 e l’8 settembre 1946 nasce a Firenze la Fip, Federazione italiana pensionati, con l’obiettivo di diventare “ente morale legalmente riconosciuto”. C’erano i delegati delle sezioni pensionati di 42 Camere del Lavoro e di altre associazioni di pensionati non aderenti alla Cgil. Venne chiesta l’adesione della Cgil e fu stabilita a Roma la sede centrale. Il suo primo presidente, di provenienza cattolica, Alberto De Martino, diresse la Federazione con modalità paternalistiche e tratto autoritario.

L’idea di una struttura di rappresentanza e tutela dei pensionati voleva venire incontro alla domanda di una parte consistente della società che aveva vissuto con grande disagio gli anni del fascismo – sul fronte della previdenza sociale la dittatura non aveva varato se non provvedimenti disorganici, non in grado di fornire risposte adeguate alle esigenze degli anziani.

Statuto e programma

Anche se la Fip non si diede da subito veste di sindacato, lo statuto del 1946 stabilì alcuni principi che sarebbero rimasti costanti nel tempo: il principio della confederalità, cioè della rappresentanza politica trasversale di tutti i settori del mondo del lavoro, e lo stretto legame con le strutture del sindacato – strutture verticali-professionali (federazioni di categoria) e strutture orizzontali-territoriali (camere del lavoro).

Il programma dell’organizzazione faceva perno su due rivendicazioni: la riforma della previdenza sociale (riforma delle pensioni miste, delle pensioni indirette e di guerra) e l’unificazione dei diversi istituti previdenziali in un’unica struttura nazionale, organizzata però su ampie autonomie locali. Fu il sindacato ad esercitare una forte pressione sul governo per ottenere un miglioramento delle prestazioni economiche di previdenza e assistenza che durante il fascismo avevano raggiunto livelli irrisori.

Sicché già nel 1945 le pensioni Inps erano state maggiorate del 70%, e nel 1946 si poterono registrare il raddoppio del trattamento minimo e l’integrazione delle pensioni tramite assegni.

Il primo congresso

Nel giugno del ’47 si tenne a Firenze il primo e ultimo Congresso della Cgil unitaria. I lavori erano stati assorbiti dalla discussione sull’art. 9 dello statuto che consentiva il ricorso allo sciopero politico. Vi si discusse a fondo anche la questione pensionati, e il documento finale approvò la proposta di “unificare tutti i pensionati in un’unica federazione nazionale” confermando la confederalità della struttura.

Il programma della futura federazione si articolava su più punti: estensione della tutela a tutto il lavoro dipendente e a larghi settori del lavoro autonomo, unificazione dei sistemi e degli istituti di accertamento e riscossione dei contributi in una sola struttura nazionale, semplificazione amministrativa, definizione dei contributi a carico delle imprese e dello Stato, introduzione della scala mobile. Dal 25 al 29 gennaio successivi si tenne a Roma il primo Congresso della Fip, presenti il segretario generale della Cgil Giuseppe Di Vittorio e il ministro del Lavoro Amintore Fanfani. De Martino fu riconfermato alla presidenza.

Nasceva ufficialmente il sindacato dei pensionati. Il gruppo dirigente mirava ad adeguare la prestazioni previdenziali alla svalutazione della lira e a rafforzare e riformare la legislazione sociale.

Lo Spi e le prime vertenze

Gli anni tra il ‘48 e il ‘50 videro le scissioni sindacali da cui nacquero prima la Uil e poi la Cisl. De Martino tentò, in sede di congresso straordinario, di far aderire la Federazione alle neonate strutture sindacali di ispirazione cattolica. La maggioranza dei delegati vi si oppose. Si arrivò quindi nel dicembre del ’49 al secondo Congresso della Fip Cgil, che sancì una sorta di rifondazione del sindacato dei pensionati della Cgil. Ma è solo con il Congresso dell’aprile 1977 che la Fip cambia il nome in Spi, Sindacato Pensionati Italiani.

Un congresso importante, questo del 1977, che affrontò temi di grande rilievo: la razionalizzazione della spesa previdenziale, la denuncia della politica clientelare del governo sulle pensioni di invalidità, la riforma sanitaria. Nei successivi anni 80 il sindacato dei pensionati si batté in difesa delle importanti conquiste del decennio ‘68-78 in cui aveva preso forma il sistema di welfare italiano, per tentare di migliorare il livello di giustizia sociale insito in quei provvedimenti. Dalla metà degli anni Ottanta due temi saranno al centro della sua attenzione: sul fronte sociale la riforma del welfare; su fronte interno il cambiamento organizzativo.

Sul primo versante dello stato sociale verrà messa in campo una articolata politica rivendicativa che promuoveva l’anziano come risorsa della società. Furono anni di crescente vertenzialità nazionale e territoriale – anni in cui per la prima volta lo Spi, assieme a Fnp Cisl e a Uilp Uil, presentò al governo le prime piattaforme rivendicative.

Congresso di Pesaro e Progetto lega

Al congresso di Pesaro del 1991 avviene la svolta organizzativa più importante dello Spi: la “lega” diventa la struttura territoriale di base, centro vitale della politica del sindacato, basata su uno strettissimo rapporto col territorio. Il Progetto lega affidava alla nuova struttura la promozione delle vertenze e della contrattazione territoriale attraverso la definizione di piattaforme e trattative con la controparte istituzionale.

I corollari fondamentali di quest’attività politico-programmatica erano il controllo dell’attuazione degli accordi raggiunti e la diffusione sul territorio delle direttive nazionali e regionali. Al suo interno, invece, la lega doveva stimolare la partecipazione dei propri iscritti, con compiti organizzativi che andavano dal tesseramento alla formazione, dalla raccolta e gestione delle informazioni all’impegno ricreativo, dallo sviluppo di una rete dei servizi alla promozione del mondo dell’associazionismo e del volontariato (attraverso l’Auser).

La missione Spi

La lega, assieme alla Carta dei diritti dei cittadini anziani, rappresentava simbolicamente il passaggio da un fase difensiva ad una positiva, in cui il sindacato pensionati avrebbe lottato per affermare una nuova cultura della solidarietà. Questi cambiamenti permettono di definire quella che può essere chiamata la missione dello Spi: innalzare la qualità del mondo e della vita delle persone anziane – dalla previdenza alla sanità, dall’assistenza ai servizi sociali, alle attività culturali, ricreative e di formazione.

Nell’assunzione che l’anziano è un valore, non un peso. Una risorsa su cui contare per lo sviluppo culturale ed economico della società. Un terreno su cui far fiorire l’albero della solidarietà.

Dall’art.1 dello Statuto:

“Lo SPI CGIL (Sindacato Pensionati Italiani) è il Sindacato generale dei pensionati e degli anziani che tutela e organizza nella CGIL i pensionati di tutte le categorie, soggetti a qualsiasi regime Pensionistico” Lo SPI-CGIL, a cui aderiscono oltre 3 milioni di persone è, in Italia, la più grande organizzazione sindacale dei pensionati e degli anziani.

Dall’art.2 dello Statuto:

“Lo SPI-CGIL basa i propri programmi e le proprie azioni sui dettati della Costituzione della Repubblica e ne propugna la piena attuazione. In particolare lo SPI-CGIL afferma il valore della solidarietà e promuove l’uguaglianza delle donne e degli uomini in una società senza privilegi e discriminazioni, in cu siano riconosciuti i diritti fondamentali: il lavoro, la tutela della salute e la tutela sociale. Gli uomini e le donne dello SPI, per questo modello di società, mettono in campo la preziosa memoria dei pensionati più anziani, l’esperienza e l’energia dei più giovani, la cultura, le nuove idee e i valori che la CGIL sa e vuole produrre.

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