Un superticket che equivale a una gabella e che aumenta il numero di coloro che non si curano neppure nelle strutture pubbliche (quelle cosiddette universalistiche, aperte a tutti) perché non se lo possono permettere. Una medicina domiciliare e territoriale che fa acqua e che aspetta ancora le case della salute e gli ospedali di comunità. Una sanità di genere che in Abruzzo va edificata e immaginata dalle fondamenta, sin dalla programmazione degli interventi.
E' per chiedere alla politica abruzzese questi cambi di rotta che Cgil Cisl e Uil regionali, unitamente alle categorie dei Pensionati e del Pubblico impiego (per la nostra organizzazione lo Spi e la Fp) hanno lanciato ieri una petizione - che alleghiamo di seguito - con la quale entro maggio si prefiggono di raccogliere in Abruzzo 20.000 firme.
Una mobilitazione sul territorio che ha l'obiettivo di sollecitare alla Regione e alla politica abruzzese l'impegno di eliminare in tempi certi il superticket sanitario, di definire con i manager delle quattro Asl provinciali un piano operativo volto a ridurre e superare le liste di attesa, di garantire nella sostanza il pieno rispetto dei Lea, i livelli essenziali di assistenza. Per chiedere di approvare entro il 2018 un piano di investimenti che rafforzi la medicina territoriale e domiciliare pubblica: case della salute, ospedali di comunità, distretti sanitari e potenziamento dell'Adi.
D'altra parte, se si vuole organizzare la sanità partendo dai territori a questa regione mancano almeno 2.000 posti letto (con i noti problemi aggiuntivi delle aree interne e montane), sicché le carenze dei servizi e delle prestazioni vengono coperte dalle imprese private.
Vicende non secondarie, come ha ricordato lo Spi nella conferenza stampa sul lancio della petizione, in una regione dove la popolazione invecchia ma il sistema sanitario e assistenziale non cambia, non si aggiorna e resta ancorato a vecchie formule organizzative e gestionali.
Considerazioni cui fa eco Carmine Ranieri, segretario Cgil Abruzzo, che aggiunge altri pesi sulla bilancia: le gravissime carenze di personale delle Asl, l'arretratezza degli strumenti diagnostici (due nodi che spiegano le liste di attesa e la mobilità passiva verso altre regioni), la cattiva gestione degli interventi programmabili. Problemi che per il sindacalista si potrebbero affrontare con investimenti modesti, dell'ordine di pochi milioni, con il risultato di abbattere in misura significativa le liste di attesa.
Da qui la petizione e la mobilitazione per raccogliere le firme e chiedere di cambiare una direzione di marcia che esclude dalle cure e dall'assistenza sempre più abruzzesi (quelli con i redditi più bassi, oppure con un lavoro precario), che consegna ai privati pezzi sempre più ampi del comparto, che riduce lo spazio per di un diritto alla salute che dovrebbe essere universale.
TVSEI il servizio sulla conferenza stampa