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Verso la Festa nazionale di LiberEtà. L'Aquila 29 giugno - 1 luglio 2016

Pubblicato in Iniziative
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Sei giovani artisti sono al lavoro da qualche settimana a Paganica, frazione di L’Aquila, per realizzare delle opere di street art sui muri di palazzi che dovranno essere abbattuti o restaurati dopo il terremoto di sette anni fa.

Perché le difficoltà della gente di Paganica e di tutti i piccoli Centri del territorio non siano dimenticate e perché il processo di ricostruzione sia finalmente portato a termine.

Un progetto che lo SPI CGIL nazionale sta portando avanti in collaborazione con Re_Acto Fest per la Festa di LiberEtà che terrà a L’Aquila dal 29 giugno al 1 luglio. 

L’associazione Re_Acto è stata fondata nel 2014, ha come scopo la riqualificazione o valorizzazione di ambiti urbani attraverso l’arte e punta alla ricerca di un ripensamento del “luogo pubblico” per rimettere al centro dell’elaborazione post sisma la socialità e la possibilità di espressione.

Ha al suo attivo l’organizzazione del Re_ActoFest del 2014, la Re_Acto “Tools of the trade” e del Re_Acto “Sticker & Poster Art” nel 2015, e l’edizione “Effimera” 2016, su commissione dello SPI-CGIL per la Festa nazionale di Liberetà, rivista dello stesso Sindacato Pensionati della CGIL, a L’Aquila dal 29 giugno al 1 luglio di quest’anno. Nelle precedenti edizioni, la rassegna Re_Acto è intervenuta nel centro storico di L’Aquila e in alcune delle c.d. New towns, l’attuale edizione “Effimera” si sposta verso le frazioni, come Paganica, che presentano ulteriori problematicità rispetto alla ricostruzione.

Il nome “Effimera Edition” si riferisce, da un lato, alla natura stessa della Street Art, le cui opere non sono create con l’intento di durare nel tempo, e dall’altro, alle pareti su cui verranno realizzati i murales, che appartengono ad edifici inagibili destinati alla ricostruzione, instaurando quindi un rapporto dialettico e di forte significato tra scomparsa dell’opera d’arte e ripresa della vita nell’edificio. Effimero risulta lo stesso ambiente in cui gli abitanti del cratere si sono abituati a vivere, continuamente mutevole nei panorami e nei punti di riferimento, legato a doppio filo ai lavori e alle temporaneità del processo di ricostruzione. Al termine della rassegna, venerdì 1 luglio, presso la Villa Comunale di Paganica, l’associazione Re_Acto festeggerà la conclusione delle opere dell’Effimera Edition con un live-painting, aperto a chiunque abbia voglia di cimentarsi con spray e pennelli, e con un dj set a cura della Jamrock Crew (Dabadub & Zona Rossa Krew).

Intervista di Paolo Perna dello SPI CGIL dell'Aquila (21.06.16) a Luca Ximenes (DesX), promotore e organizzatore di Re_Acto, e Darek Blatta che hanno realizzato l’opera sulla facciata di un edificio da demolire in Piazza Umberto I a Paganica. 

Re_Acto è nata solo un paio d’anni fa, ma già può contare su realizzazioni importanti e sul coinvolgimento di numerosi artisti stranieri. Cosa, secondo voi, ha contribuito a questo risultato positivo? Sono abbastanza soddisfatto dei risultati che abbiamo fin qui ottenuto. Gli artisti coinvolti sono stati attratti soprattutto dall’ambientazione del festival. L’Aquila è come un unicum che si presta a questo tipo di arte. Ed è stato abbastanza semplice coinvolgerli poichè la street art è un movimento con una rete a carattere globale che porta a stringere amicizie, non solo sui social network, e incentivare collaborazioni. Infine, probabilmente, è stato ritenuto valido il Progetto che era alla base di tutto.

E la street art è cresciuta dentro una cultura urbana che si esprime anche attraverso altri linguaggi, come la musica Si, esiste un retroterra culturale che fa in modo che le persone che praticano la street art (arte di strada, n.d.r.) abbiano una comune cultura di base, in una forma non massificata e non allineata all’industria culturale. Viene privilegiata la libertà di espressione, come per la musica alternativa. E comunque, nata come cultura underground, anche la street art ha segnato un suo stile riconosciuto e seguito (fino a diventare, per qualcuno, un mainstream).

Negli anni in cui cresceva la cultura underground, forse, era prevalente un messaggio politico e di contestazione. Ora, invece, sembra prevalere un senso più antropologico e riflessivo sulla condizione umana. Si, c’è stata un’evoluzione molto ampia nel tempo. In realtà, ogni singolo artista segue un suo percorso di ricerca. Alcuni seguono ancora un filone politico e sociale, altri hanno sensibilità introspettive ovvero, semplicemente, finalità decorative. Non c’è, insomma, un messaggio univoco, ogni artista segue liberamente la propria fonte di ispirazione.

E a proposito di “fonte di ispirazione”, esistono per voi dei riferimenti artistici prevalenti? E’ inevitabile riferirsi alle opere del passato e sono frequenti riprese di temi classici che possono andare dal ‘600 fino alle avanguardie. Ma la street art vuole caratterizzarsi soprattutto per il forte impatto, con uno stile semplice e sintetico, in grado di esprimere un messaggio chiaro.

Però, non è sempre così facile l’interpretazione di un murale E’ sempre stato difficile interpretare il soggetto di un’opera d’arte, in ogni epoca. Alcuni artisti di strada, come Banxi per esempio, preferiscono essere molto chiari e descrittivi. Altri, invece, “celano” il proprio messaggio per lasciarlo sedimentare e comprendere nel tempo.

Questo vostro modo di produrre opere in spazi aperti e pubblici fa si che le persone si avvicinino incuriosite e vi pongano domande o esprimano osservazioni su quello che state facendo. Quanto vi influenza questa interazione? Si crea indubbiamente un effetto di riverbero sull’opera. C’è un oggettivo condizionamento nello stare in uno spazio aperto. Si sentono molto gli umori della strada e c’è una certa influenza delle osservazioni che vengono espresse, anche se l’artista tende a mantenere la sua coerenza progettuale ed estetica. Comunque, quelli che ti stanno intorno sicuramente contribuiscono a creare un certo clima.

Con questa edizione “Effimera” siete usciti dal centro storico di L’Aquila ed entrate in una delle frazioni. Che senso date a questo progetto? Il progetto complessivo è quello di riuscire ad intervenire in tutti gli ambiti che compongono il “cratere sismico”. L’Aquila da città compatta, dopo il sisma del 2009, è esplosa lungo la Valle dell’Aterno creando una serie di microambiti: il centro storico, le frazioni e i progetti C.A.S.E.. Ognuna di queste zone ha le proprie particolarità e ci è sembrato giusto portare, anche attraverso l’arte, un po’ di attenzione a tutte queste realtà.

I soggetti realizzati per questa occasione sono stati preventivamente concordati tra i vari artisti o ognuno ha deciso autonomamente? Gli artisti sono assolutamente liberi di scegliere il proprio soggetto. Come curatore della Mostra, l’unica mia preoccupazione è stata quella di contattare gli artisti che ritenevo più adeguati. Loro mi hanno chiesto informazioni sul contesto in cui dovevano muoversi, il significato del titolo “Effimera” così che, attraverso la conoscenza del Progetto, hanno elaborato autonomamente le loro opere.

L’anno scorso avete fatto un’esperienza laboratoriale con i bambini, presso il progetto C.A.S.E. di Bazzano. Ora con lo SPI-CGIL, che vi ha commissionato questo evento, avrete a che fare con un pubblico prevalentemente di età avanzata. Ritenete che il vostro possa essere un linguaggio intergenerazionale? Il bello è che la street art ha un pubblico trasversale che raggiunge tutti. Non è un’arte di tipo generazionale, neanche riguardo gli artisti coinvolti. All’inizio degli anni 80, questo movimento è nato – anche con qualche profilo di illegalità - come writing, la cui filosofia era quella di sporcare le pareti e di marcare il territorio, cui era collegato ciascun gruppo di writers. Ma poi si è verificata un’evoluzione anche dal punto di vista artistico che ha portato alla street art che, a sua volta, ha aggregato ulteriori e nuove energie.

Voi avete fatto anche esperienze dirette all’estero: c’è qualche differenza di accoglienza tra l’Italia e gli altri Paesi? L’Italia forse è un po’ indietro, rispetto al mondo occidentale, dal punto di vista organizzativo e della percezione di questo particolare linguaggio artistico. In Italia si tende a considerarla come qualcosa di più elevato ed elitario, mentre in Inghilterra, ad esempio, è considerata semplicemente per quel che è. Ultimamente, per fortuna, è diventata arte urbana a tutti gli effetti, ed è capace di attrarre anche grossi progetti sponsorizzati da Enti privati e pubblici.

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